La divinità dentro di te

Qualche tempo fa ho spiegato su queste pagine il significato della parola Namaste. Questo termine riflette un aspetto importante della filosofia induista, secondo la quale c’è una parte di divinità in ciascuno di noi. Questa leggenda, liberamente tratta dal libro “La padronanza dell’amore” di Don Miguel Ruiz (autore dei Quattro Accordi) spiega bene questo concetto.

Nella maggior parte delle religioni e filosofie orientali la divinità non è qualcosa di estraneo a noi, che ne siamo parte viva. Anche secondo alcune interpretazioni della dottrina cristiana (dalla bibbia di Diodati all’omonimo trattato di Tolstoj) il regno di Dio sarebbe non in mezzo a noi ma dentro di noi.

Brahma e Maya

Secondo una leggenda induista il dio Brahma il Creatore, solo in mezzo al vuoto si annoiava a morte. Così creò Maya, una dea meravigliosa. Lei gli propose un gioco. Seguendo le sue istruzioni, Brahma creò tutto l’universo: il cielo, il sole, le stelle, la luna e i pianeti. Poi creò la vita sulla Terra: gli animali, gli oceani, l’atmosfera. Tutto.

Alla fine Maya – che nella tradizione indù rappresenta l’illusione dell’uomo che si identifica con il corpo e che confonde la Vita con il mondo materiale – si complimentò per il “Mondo di illusioni” creato da Brahma, e gli chiese di creare un essere dotato di intelligenza e di un grado di coscienza che gli permettesse di apprezzare tutto il creato. Il dio creò l’uomo e lei gli annunciò che il gioco avrebbe avuto inizio.

Maya prese Brahma e lo divise in migliaia di minuscoli pezzetti, nascondendone ciascuno in ogni essere umano. “Ora dimenticherai chi sei e dovrai scoprirlo da te”, gli annunciò la dea.

Fin dalla notte dei tempi Brahma cerca di ritrovare se stesso. È nascosto dentro ciascuno di noi, ma Maya, l’illusione, ci impedisce di ricordare la nostra natura divina.

L’universo? Un uovo

Una teoria un po’ diversa ma ugualmente improntata sull’interconnessione tra tutti gli esseri è quella che Andy Weir espone nel suo racconto “L’uovo”:

Quello di Weir vuole essere un racconto e non una sorta di testo sacro, ma può diventare un vero e proprio salvagente per chi attraversa un periodo difficile: le prove da affrontare diventano esperienze da attraversare per raggiungere quello che in oriente si chiama il risveglio, l’illuminazione.