L’Analisi Transazionale

Sono mesi (forse addirittura anni) che mi riprometto di scrivere questo post. Ogni tanto cito l’analisi transazionale en passant, mentre si parla di altro, e ricevo sempre molte domande e richieste di approfondimento. Spiegare di cosa si tratta in un post è una bella sfida, ma ho deciso di provarci.

[Attenzione: quella che segue è la mia testimonianza personale, ovvero ciò che ho imparato durante il mio percorso di analisi. Cercherò di descrivere l’Analisi Transazionale nel modo più preciso e sintetico possibile. Eventuali interventi, approfondimenti, chiarimenti da parte di persone qualificate saranno utili e graditi].

Quando i miei figli erano piccoli, ho sofferto di depressione e ho scelto di intraprendere una psicoterapia. Accompagnata da una psicologa molto competente, sono riuscita a capire meglio alcune delle cose che mi facevano soffrire. Ho però interrotto le sedute in seguito alla nostra “fuga dalla città” e, visto l’entusiasmo della nostra nuova vita, non ho sentito la necessità di cercare qualcun altro per proseguire il mio cammino.

In seguito ad una serie di eventi spiacevoli (perdita del lavoro di mio marito, doppia frattura della – sua – gamba a due mesi dal -mio – parto con conseguente necessità per me di occuparmi di lui, della casa, degli altri figli e di sbarcare il lunario completamente sola) mi sono ritrovata a soffrire nuovamente.

Nonostante la situazione economica che oserei definire catastrofica, ho sentito la necessità di farmi aiutare e ho scoperto così, per puro caso, l’analisi transazionale. Con questo metodo ho fatto progressi enormi alla velocità della luce, risolvendo problemi che mi portavo dietro fin dalla più tenera infanzia.

Il segreto? Non lo so. Non so se l’analisi transazionale sia un metodo miracoloso o se semplicemente fosse quello giusto per me in quel preciso momento, senza parlare del fatto che ho avuto la fortuna di trovare una psicologa davvero speciale. Fatto sta che ho fatto passi da gigante e che da allora non faccio che predicare i prodigiosi effetti di questa tecnica.

L’analisi transazionale è, in parole (molto) povere, l’analisi delle relazioni umane (che Eric Berne, fondatore di questo “movimento” chiamava transazioni).

Ogni volta che una persona ne riconosce un’altra, le invia un segnale. Questo segnale, insieme a quello che viene restituito dall’altro, costituisce una transazione.

Le transazioni

Le transazioni possono essere complementari, incrociate o nascoste.

  • Le transazioni complementari sono quelle logiche, naturali, appropriate. Uno scambio equilibrato che può andare avanti all’infinito.
  • Le transazioni incrociate avvengono quando le due persone non parlano sullo stesso registro. Quando una reazione inattesa o inappropriata impedisce alla comunicazione di svolgersi in modo fluido e diretto.
  • Le transazioni nascoste sono invece quelle “avvelenate”, fatte di sottintesi o di “frecciate”. Sono quelle che si utilizzano per manipolare, facendo leva sul senso del dovere o sul senso di colpa alturi, ad esempio.

Alcuni insiemi di transazioni costituiscono veri e propri scenari incredibilmente prevedibili che Berne chiamava “giochi psicologici“. Sono quelli che utilizziamo per manipolare gli altri, per ottenere ciò che vogliamo senza chiederlo, per vendicarci in modo subdolo, eccetera.

Nell’ambito dei singoli scenari, un determinato atteggiamento provocherà senz’altro una certa reazione, e i due “personaggi” seguiranno alla lettera il copione senza nemmeno saperlo. Questo avviene ad esempio durante i litigi, quando il meccanismo si ripete sempre uguale nonostante le riflessioni maturate “a freddo” e i buoni propositi.

Identificare gli scenari nei quali si è intrappolati è il primo passo per poterne uscire.

Tutti abbiamo bisogno di essere amati, apprezzati, riconosciuti dagli altri. Una parola affettuosa, un abbraccio, una pacca sulla spalla sono gesti senza i quali non potremmo vivere. Non è un mistero del resto che i bambini negli orfanotrofi muoiono spesso per mancanza di contatto umano. Il contatto è necessario anche agli adulti. In misura diversa a seconda della propria personalità, tutti hanno bisogno di amore, di affetto, di riconoscimento. Come nella favola dei caldomorbidi, nella quale i caldomorbidi rappresentano appunto i segni di riconoscimento positivi, quando questi vengono a mancare le persone si ammalano e poi muoiono.

Se non ci sentiamo compresi, se non ci sentiamo amati (poco importa se questa sia una realtà o una semplice impressione) non possiamo che soffrire.

In mancanza di segni di riconoscimento positivi, piuttosto che niente, ci accontentiamo di quelli negativi (ricordate i freddoruvidi?). Per questo un bambino preferirà essere sgridato piuttosto che essere ignorato, una moglie sceglierà lo scontro piuttosto che il silenzio. O ancora, una persona depressa agirà inconsciamente in modo da provocare negli altri una reazione brusca, per poter confermare la sua posizione di vittima.

Gli stati dell’io

Berne individua inoltre, in ciascuno di noi, tre stati dell’io:

  • il bambino
  • l’adulto
  • il genitore

Ciascuno di essi si manifesta in base alle situazioni e alle persone con le quali siamo confrontati. Quando siamo sintonizzati con lo stato dell’io del nostro interlocutore (ad esempio il nostro io bambino parla all’io bambino del nostro interlocutore, il nostro io adulto parla all’io adulto dell’altro e così via), va tutto bene. Quando invece si comunica utilizzando stati dell’io differenti, non si riesce ad essere sulla stessa lunghezza d’onda e spesso nascono problemi, conflitti, incomprensioni.

L’analisi transazionale aiuta ad individuare gli scenari, i comportamenti, gli stati dell’io e i “gochi psicologici” nei quali siamo intrappolati, per poterne uscire. Aiuta ad accettare, a perdonare (a perdonarsi!) e ad andare avanti.

Per quanto mi riguarda, mi ha aiutata soprattutto a vedere con chiarezza. A capire e, finalmente, a crescere.

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Articolo aggiornato in seguito alle richieste dei lettori:

Nei commenti mi avete chiesto di consigliarvi qualche libro per approfondire l’argomento. Ne ho letti diversi e quelli che mi sembrano più completi e al tempo stesso accessibili ai non addetti ai lavori sono “Nati per Vincere” di Muriel James e Dorothy Jongeward, e “Alla ricerca delle coccole perdute” di Giulio Cesare Giacobbe.