Innamorarsi di un Libro – Il Bar delle Grandi Speranze
Qualche anno fa ho letto “Open“, la biografia di Andre Agassi. L’ho acquistato dopo aver sentito persone dei cui gusti mi fido parlarne con grande entusiasmo, perché – devo ammettere – della vita di Agassi non mi interessava un granché.
Me ne sono innamorata. Della sua storia, che avrei ingiustamente snobbato e che invece meritava di essere raccontata, ma soprattutto della scrittura di JR Moehringer, che l’ha messa nero su bianco.
Di ritorno dal mio ritiro di meditazione Vipassana ho fatto un salto a Firenze per salutare una mia carissima amica, che forse conosci con il nome di mammagiramondo (se non la conosci ti stai perdendo qualcosa). Ci siamo incontrate alla Feltrinelli dove abbiamo preso un caffè e fatto due chiacchiere. Il tempo passa sempre troppo in fretta quando sono con lei. È una delle poche persone al mondo di fronte alle quali divento irrefrenabilmente e inspiegabilmente logorroica. È rimasta stupita, infatti, quando le ho detto che in genere sono una di poche parole.
Purtroppo avevo un treno da prendere e, anche se restavano ancora tantissime cose da dire e da ascoltare, ho dovuto salutarla. Prima di partire però volevo comprare un libro. Ma non avevo tempo di girare per sceglierne uno, così le ho chiesto di darmi un consiglio.
Lei mi ha consigliato “Il bar delle grandi speranze” di JR Moehringer. Mi fidavo di lei e mi fidavo dell’autore, quindi ho seguito il suo consiglio senza esitare. Arrivata a casa, però, l’ho riposto nella mia libreria e dimenticato.
Tre anni dopo, i ragazzi erano in vacanza. Fin da quando erano piccoli ho instaurato una consuetudine: siccome al pomeriggio non dormivano, cercavo di creare un momento di calma dopo pranzo leggendo per loro ad alta voce. Quando hanno imparato a leggere la “tradizione” è rimasta. Gloria e Chiara avevano scelto un libro da leggere, mentre Leo non trovava nulla che lo ispirasse, così gli ho proposto un libro che non vedevo l’ora di fargli leggere: “Open”.
Reduce da una full immersion in manuali di’ipnosi e analisi transazionale, avevo voglia anche io di tuffarmi in un romanzo, così ho ripescato quello di Moehringer, che mi ha rapita all’istante. Sono stata letteralmente “aspirata” nel suo mondo, nella sua casa, nella sua vita, nel suo bar.
Se non avevo osato leggerlo prima – forse – era anche perché avevo paura di esserne delusa. Immaginavo che lo stile fosse lo stesso di “Open” ma la storia non poteva che essere meno interessante. Ebbene, sbagliavo. Sbagliavo di grosso, ma sono felice di essermi ingannata perché se lo avessi letto subito non starei vivendo questo piacere adesso.
«Ogni libro è un miracolo. Ogni libro rappresenta un momento in cui una persona in silenzio – e quel silenzio è parte del miracolo, ricorda – cerca di raccontare a tutti noi una storia».
È uno di quei rari libri da cui non riesco a staccarmi e che però non ho assolutamente voglia di finire, perché so che mi mancherà da morire. Uno di quei libri che terrò da parte per farlo leggere ai miei figli. Ieri mattina ho scritto a Daniela per chiederle se avesse letto qualcos’altro di Moehringer. Avevo bisogno di sapere con cosa colmare l’inevitabile nostalgia che mi assalirà quando l’avrò terminato.
Nel frattempo ho cercato l’indirizzo del Publicans, il bar di cui l’autore parla nel libro, e l’ho inserito nelle tappe del viaggio a New York che [SPOILER!!!] farò tra poche settimane.