La maternità: un sogno?

Fin da bambina, ho sempre desiderato diventare mamma. Non sapevo che mestiere avrei fatto (e a dire il vero non lo so ancora!) ma sapevo che avrei avuto tre o quattro bambini.

Quando aspettavo Leonardo, ero in estasi. Il mio sogno si stava finalmente realizzando. Abitavo sulla Costa Azzurra. Avevo un buon lavoro nel Principato di Monaco con possibilità di carriera e, finalmente, aspettavo un bambino.

Improvvisamente vedevo, intorno a me, neomamme con i loro bimbi dappertutto. Le vedevo passeggiare sul lungomare spingendo carrozzine con dentro teneri bambolotti paffuti e sorridenti, e non vedevo l’ora di fare altrettanto.

Purtroppo non era questo il mio destino.

Il mio tenero angioletto non faceva altro che piangere. Piangeva e urlava senza sosta, a meno che non fosse tra le mie braccia, o attaccato al seno.

Impossibile dormire per più di un’ora di fila. Passeggiare in carrozzina sul lungomare, neanche a parlarne. Le poche volte che ho voluto ostinarmi a farlo, ero terribilmente in imbarazzo. Mi sembrava che tutti mi guardassero con disapprovazione. Madre snaturata, incapace di calmare il proprio bambino.

A volte qualcuno mi si avvicinava, dicendo frasi del tipo:

– Poveriiino, ma che cos’ha?

– Se lo sapessi non lo lascerei certo lì ad urlare!

Oppure addirittura, rivolgendosi direttamente al bambino:

– Poveriiino… hai fame, vero?

– Ceerto, non mangia da due giorni!

Poi ecco che arrivavano gli esperti. Quelli che hanno capito tutto: lo tieni troppo in braccio, il tuo latte non gli basta, non lo prenderai mica nel letto con te? Guarda che lo vizi!

Nelle condizioni spaventose in cui mi trovato, tra stress, stanchezza, sensi  di colpa, sensazione di fallimento e di totale inadeguatezza, non riuscivo nemmeno a riflettere e a ragionare. Altrimenti mi sarei resa conto perfettamente che:

– Non piangeva perché lo tenevo troppo in braccio: lo tenevo in braccio perché piangeva!

– Il bambino cresceva regolarmente. Quindi mangiava abbastanza. Quindi, avevo abbastanza latte.

Quando ho scoperto il marsupio, è stato come scoprire l’America. Leonardo finalmente dormiva. Così ho iniziato ad usarlo in modo intensivo. La schiena era a pezzi ma almeno il cervello poteva distrarsi. So fare di tutto con un bambino appeso addosso. Di tutto.

Ancora una volta, sono stata avvertita: “Lo stai viziando, non ti mollerà mai, diventerà un piccolo tiranno”. Mi sentivo terribilmente in colpa ma quello era l’unico modo che avevo trovato per calmare i suoi pianti. Quindi, nonostante le terribili conseguenze che mi venivano preannunciate, continuavo a tenerlo nel marsupio durante il giorno.

E nel lettone durante la notte. Non per scelta. Per necessità. Dopo essermi ritrovata più volte addormentata sulla poltrona, con il rischio di farlo cadere, ho pensato che sarebbe stato meno pericoloso addormentarsi nel letto.

Per i primi sette mesi è andata così. Di giorno nel marsupio, di notte nel lettone, con poppate ogni ora.

Al sesto mese ho smesso di allattare. Qualcuno è riuscito a convincermi che il problema era nel mio latte e che passando al biberon Leonardo avrebbe finalmente dormito.

Risultato: la notte, invece di attaccarlo al seno e riaddormentarmi, seppur per un breve periodo, mi toccava alzarmi, scaldare il biberon, darglielo, e fargli fare il ruttino. Ok, potevo alternarmi con Jean. Magra consolazione.

Non contenta, quando Leonardo ha iniziato a dormicchiare, mi sono detta che era il momento di mettere in cantiere il fratellino/sorellina.

Quando aspettavo Gloria ero stanca ma fiduciosa. Avevo già dato. Non poteva capitarmene un altro così.

No?

Sì.

Con l’aggravante che quando Gloria piangeva di notte, svegliava anche Leonardo.

Abbiamo finito con il fare la “camera dei maschi” e quella “delle femmine”. Per mesi io ho dormito con Gloria e Jean con Leonardo.

Anche con Gloria ho adottato il co-sleeping e l’allattamento a richiesta. Peccato che lei, spesso e volentieri, rigurgitasse. Così mi ritrovavo nel cuore della notte a dover cambiare lei, me, e a volte anche le lenzuola.

La fascia, scoperta durante la seconda gravisanza, è stata il suo nido per parecchi mesi.

Insomma, dalla nascita di Leonardo ai due anni di Gloria questa è stata la nostra vita.

Due genitori stanchi e stressati che litigavano spesso, per i motivi più stupidi. Siamo stati sull’orlo della rottura.

Nella ricerca disperata di un cambiamento, ci siamo trasferiti a Torino. Probabilmente l’errore più grande che abbiamo mai fatto. Me ne sono pentita fin dal primo giorno, ma mi ci sono voluti ben due anni per trovare il coraggio di andarmene.

E’ stato un vero colpo di testa che ci ha portati a mollare tutto e partire, così, da un giorno all’altro.

Qui nella nostra prateria, abbiamo ricominciato da capo. E ci siamo goduti qualche mese di notti tranquille prima di mettere al mondo Chiara.

Masochisti? Forse. Anche Chiara ci ha dato del filo da torcere. Anche lei è stata ed è tuttora portata in modo intensivo. Nel mei tai, questa volta: versatile come la fascia e pratico come il marsupio, una vera rivelazione.

Al compimento del primo anno Chiara ha iniziato a regalarci qualche notte ininterrotta. E noi, che questa volta non ci eravamo fatti illusioni, ci svegliamo ogni mattina ringraziando il cielo. Ma chissà perché, del quarto, Jean proprio non vuol sentir parlare…

AGGIORNATO IL 26/1/2018:

Ora che Leonardo ha 14 anni e che le notti insonni sono solo un lontano ricordo, ti racconto «come è andata a finire». Come un bambino urlante si possa trasformare in un ragazzo d’oro.