Nel principato di Monaco è vietato abortire

Spesso si parla di Paesi, in genere lontani e arretrati, nei quali alcuni diritti fondamentali non sono garantiti. Eppure abbiamo vicini di casa insospettabili ed estremamente all’avanguardia che non sono da meno.

Nel Principato di Monaco, paradiso fiscale e regno del lusso, non ci sono problemi di arretratezza. Trattandosi di un Paese a tutti gli effetti, il principato ha le sue leggi. Non esiste, ad esempio, l’obbligo di allacciare le cinture di sicurezza. E se fin qui ci si può appellare al buon senso di ciascuno (e in effetti quasi tutti le allacciano), ci sono altre leggi che negano ai cittadini quella che nella maggior parte dei paesi civilizzati è diventata ormai una libertà fondamentale.

Nel Principato di Monaco è vietato l’aborto. Fino a pochi giorni fa, la donna e il medico che avesse praticato un’interruzione volontaria di gravidanza avrebbe rischiato dai tre ai sei anni di carcere, più una multa tra i 9 e i 18 mila euro.

Il Consiglio Nazionale, organo legislativo monegasco, ha votato all’unanimità per la depenalizzazione dell’aborto lo scorso 31 ottobre. La pratica resta vietata ma la donna non verrà più perseguita e i medici sono autorizzati ad indirizzare le loro pazienti all’estero.

Da un lato la volontà di essere al passo con i tempi, dall’altro il condizionamento della religione di stato. Il risultato? Una legge ipocrita, che autorizza di fatto questa pratica ma senza assumersene la responsabilità. Si tratta pur sempre di un passo avanti, preceduto dalla legge che, soltanto nel 2009 autorizzava l’interruzione volontaria di gravidanza in caso di gravi rischi per la donna, patologie irreversibili del feto o gravidanza in seguito ad uno stupro, ma la situazione fa riflettere riguardo all’influenza della chiesa sulle questioni di stato.

Non ho nulla contro la religione e non mi piace per niente l’idea dell’aborto. Sono d’accordo sul fatto che al giorno d’oggi, soprattutto nei paesi sviluppati, sia quasi impossibile avere una gravidanza indesiderata. Ma quel “quasi” mi basta per voler sostenere il diritto di chi, per ignoranza, per distrazione o per uno scherzo del destino, dovesse optare per una scelta che non è mai facile e che non è certo auspicabile, ma che dovrebbe essere comunque possibile.