Crescere Figli Vincenti

Come crescere figli vincenti

Nei giorni scorsi ho letto un articolo di Madeline Levine, psicologa e autrice del libro “Teach Your Children Well: Parenting for Authentic Success”, che cita un esperimento condotto dalla dottoressa Carol Dweck della Stanford University con gruppi di bambini ai quali viene chiesto di comporre un puzzle (o di risolvere un indovinello, non sono sicura della traduzione ma che sia l’uno o l’altro non fa differenza). Ad alcuni bambini, la dottoressa esprime apprezzamento per la loro spiccata intellingenza. Ad altri, no. Il risultato? Quelli che vengono elogiati, probabilmente per paura di deludere le aspettative dell’altro, scelgono puzzle più semplici e mostrano meno fiducia nelle proprie capacità. Gli altri si sentono, secondo la dottoressa, più liberi di provare, anche a costo di sbagliare, e si cimentano senza timore in sfide più complesse. Può sembrare contraddittorio ma elogiare i talenti del bambino sembrerebbe minare la sua fiducia in sé.

Tutto questo sembra confermare l’opinione dell’autrice, secondo la quale «i bambini più felici e di maggior successo hanno genitori che non fanno per loro ciò che sono capaci di fare da sé; né fanno cose per loro che servono a soddisfare i propri bisogni e non quelli del figlio.»

La giusta via di mezzo

«Quando tuo figlio impara a fare qualcosa, congratulati per il lavoro svolto e passa ad altro. «Continue interferenze» che si tratti di aiuto non richiesto o di lodi esagerate ed esasperate «non faranno che mettere il bambino a disagio (se è piccolo) o in collera (se si tratta di un adolescente).»

Farsi da parte e lasciare che il bambino sviluppi le competenze alle quali sta lavorando non è certo semplice. «Fare un passo indietro e lasciare che i nostri figli facciano i propri errori è una delle più grandi sfide dell’essere genitore. È più semplice quando sono piccoli (lasciare che un bimbo piccolo) impari barcollando a camminare è diverso dal lasciare un preadolescente uscire con gli amici» sostiene l’autrice.

Il mondo è pieno di rischi e non è facile trovare la giusta via di mezzo tra proteggere e lasciar liberi i nostri figli. Se, per paura di vederli tristi, evitiamo loro ogni frustrazione, li priveremo del bagaglio necessario per affrontare questo sentimento che, inevitabilmente, finirà col presentarsi.

Un punto di vista montessoriano

«Ogni aiuto non necessario è un ostacolo allo sviluppo del bambino» diceva Maria Montessori già cent’anni fa. In effetti, fare le cose al posto dei nostri figli può renderli meno motivati e più dipendenti. Ma non è tutto. Se agiamo in base alle nostre esigenze (ad esempio per evitare di vedere la frustrazione nei loro occhi) li obblighiamo ad ignorare le proprie, impedendo loro di costruirsi un carattere forte e indipendente.

L’autrice fornisce inoltre alcuni esempi di intervento giusto o sbagliato da parte dei genitori. «Ad esempio» dice «se un bambino non vuole fare i compiti di matematica, è giusto che il genitore insista. Non perché vuole che lui sia uno studente modello ma perché il bambino deve imparare le basi della matematica e deve sapersi mettere al lavoro. Che dire invece del genitore che aiuta il figlio nella richiesta di ammissione al college, convinto che, se ci lavorano in due, avrà maggiori possibilità di essere ammesso?» Spesso, scrive la Levine, i genitori dicono addirittura «abbiamo fatto domanda»…

In entrambi i casi i genitori stanno usando il controllo. Nel primo caso, controllo comportamentale (siediti e fa’ i compiti); nel secondo controllo psicologico (abbiamo fatto domanda). Il controllo psicologico rischia di minare lo sviluppo dell’identità stessa del bambino. Se motivazione e incoraggiamento vengono sempre dall’esterno, il bambino non avrà l’opportunità di costruirseli da sé.

Siate coerenti, pensate a realizzarvi

Il genitore amorevole sa essere presente e stabilisce i limiti da rispettare, senza ricorrere a ricatti psicologici per riuscire nel suo intento. Noi genitori dobbiamo ammettere di essere ansiosi. Dobbiamo imparare a valutare le situazioni nelle quali i nostri figli possono cavarsela da sé. Ovviamente non smetteremo di preoccuparci, ma potremmo smettere di mettere loro i bastoni tra le ruote.

La Levine conclude con due preziosi consigli: siate coerenti (che le vostre azioni coincidano con le vostre dichiarazioni) e siate realizzati. Vivete la vostra vita. È molto più facile scivolare nell’«overparenting» quando si è insoddisfatti di sé. Una delle cose più importanti che possiamo fare per i nostri figli è essere la prova vivente del fatto che vale la pena di lavorare per costruirsi un avvenire.

Quest’ultimo consiglio è forse il più importante. Essere l’esempio vivente dell’entusiasmo e della gioia di vivere è senz’altro il più bel regalo che possiamo fare ai nostri figli. E avere una vita «piena» evita il rischio di volerci – inconsciamente – realizzare attraverso quella dei nostri figli. Cosa ne pensate?