Ciò che Possiedi ti Frena

Lucca Comics 2016 - da sinistra: Rocky 1, Rocky 2, Rocky 3, Rocky 4
Lucca Comics 2016 – da sinistra: Rocky 1, Rocky 2, Rocky 3, Rocky 4  

In casa nostra l’uso della televisione è molto limitato. La guardiamo insieme durante i fine settimana, e scegliamo i programmi con molta cura. Jean e io ci tenevamo a condividere con i nostri figli alcuni film che abbiamo particolarmente apprezzato da ragazzi (dal San Francesco di Zeffirelli, a ET, a La Storia Infinita, che ha compiuto 37 anni nei giorni scorsi). Alcuni sono oggi completamente ridicoli (vedi il mio amato “Fratello Sole, Sorella Luna”), altri sempre carichi di magia, come la storia di Atreyu e del suo fedele Falcor.

Quest’estate io e Leonardo ci siamo tuffati nella saga dei Rocky, a cui io sono particolarmente affezionata. Il primo Rocky risale al 1976 e, con la sua aria vintage, non ha subito affascinato Leo. Ci sono voluti un paio di episodi perché ci si appassionasse.

Ma non è di questo che volevo parlare, in realtà. È che, guardando Rocky III, c’è stata una frase che mi ha colpita molto. Dopo aver battuto il campione del mondo Apollo Creed, Rocky è il numero uno indiscusso da diversi anni, quando un giovane pugile molto arrabbiato lo sfida pubblicamente.

Nel prepararsi a questa nuova sfida, il grande Rocky non riesce a dare il massimo. Quando la moglie Adriana gli chiede perché questo incontro lo spaventi tanto, lui ammette a malincuore:

Perché questa volta ho paura. Non voglio perdere quello che ho.

Al suo esordio, lo sconosciuto era lui. Non aveva nulla da perdere e combatteva in quest’ottica.

Ora invece Rocky ha una famiglia, una bella casa, un tenore di vita elevato e una reputazione da difendere. Ora ha tutto da perdere, e per questo ha paura.

Questa frase mi ha fatto riflettere molto sul non attaccamento e sul concetto di decluttering, non solo applicato alla casa e a tutto ciò che è materiale, ma anche alle relazioni, agli impegni, agli obiettivi. Mantenere solo l’essenziale è diventato per me, negli ultimi anni, una sorta di mantra.

Il giovane Rocky era (perdonatemi il paragone ma, vista l’introduzione, mi viene spontanea!) un po’ come Francesco d’Assisi: non aveva niente da perdere e, di conseguenza, non aveva paura di nulla. Il Rocky del terzo episodio somiglia invece di più a Pietro di Bernardone, il padre di Francesco: ricco commerciante attaccato ai suoi averi.

Alla fine il Rocky vittima dell’attaccamento perderà l’incontro: nonostante la sua forza fisica, la debolezza mentale gli costerà il titolo.

Se ti stai chiedendo quale sia il messaggio di questa dissertazione apparentemente senza senso, eccolo:

Ciò che possiedi ti frena, e la paura di perderlo ti tarpa le ali.

Per questo i monaci rinunciano a tutto.

Ti sto forse esortando a fare altrettanto? Certo che no. Ti esorto però a percorrere quella che i buddisti chiamano “la via di mezzo”, coltivando il non attaccamento e cercando di non possedere più del necessario. La giusta via di mezzo tra confort e libertà.

Nessuno penserebbe di consigliare a Rocky di non battere il campione del mondo in carica per evitare, in seguito, la paura di perdere il titolo (e tutto ciò che ne consegue). Molti di noi però consiglierebbero al campione di tener presente il fatto che la carriera sportiva funziona così: o ti ritiri quando sei all’apice o accetti l’inevitabile cambio della guardia.

Il non attaccamento è la chiave della libertà.

Essere all’apice è fantastico. E lo sarà ancora di più se si sa godere della propria situazione accettandone di buon grado la transitorietà.