Ci penso io: un percorso didattico all’insegna del problem-solving

Bama

[Questo post è offerto da Bama]

Sono nata sotto il segno della bilancia e sono, tra le altre cose, un’insegnante di yoga. La ricerca dell’equilibrio è quindi una costante nella mia vita. Uno dei nodi centrali in tal senso è stato, negli ultimi undici anni, l’educazione dei miei figli. Sono stata (e sono tuttora) una “mamma chioccia”, ma ho la fortuna di vivere  in un Paese nel quale la cultura predominante spinge a dare ai figli la massima autonomia. L’esperienza di insegnamento nella scuola Montessori non ha fatto che accentuare l’importanza di questo aspetto nell’educazione di Leonardo, Gloria e Chiara.

Molti genitori amorevoli commettono l’errore di proteggere o di assistere i propri figli in modo eccessivo. Un bambino assistito in ogni suo gesto sarà schiavo dei genitori, dipenderà da loro per ogni minima esigenza e, probabilmente, non acquisirà una grande fiducia in sé. Maria Montessori esortava genitori ed educatori ad aiutare il bambino a fare da sé. Attenzione: si parla di AIUTARE il bambino ad essere autonomo e non di lasciare che se la sbrighi da solo. Prima di lasciarlo camminare con le sue gambe, dovremo assicurarci che sappia stare in piedi, che abbia calzature adeguate se si trova all’esterno, che non ci siano pericoli nelle vicinanze, eccetera. “AIUTARE il bambino a fare da solo” non significa starsene comodi in poltrona mentre lui cresce ma offrirgli tutti gli strumenti per raggiungere i propri obiettivi, oltre ad una presenza amorevole e rassicurante.

Mi viene in mente un esempio relativo al modo in cui il “disegno libero” viene affrontato nelle scuole Montessori. Spesso chi non conosce bene il metodo messo a punto dalla nostra illustre connazionale è portato a credere che questo non dia spazio all’arte e alla libera espressione in generale. Si tratta di un errore dovuto al fatto che l’argomento viene affrontato in modo diverso rispetto a quello a cui siamo abituati.

Per molti di noi, “disegno libero” significa dare al bambino un foglio e una scatola di matite colorate e stare a guardare. Magari alla fine gli chiederemo che cos’ha disegnato, obbligandolo a trovare una spiegazione che in molti casi non era contemplata.

Secondo Maria Montessori, invece, si può avere il “disegno libero” solo quando si ha il “fanciullo libero”, cioè un bambino che ha una perfetta padronanza delle proprie abilità motorie e che è in grado di dirigere la matita secondo il suo volere. Mi è capitato molte volte di vedere i bambini innervosirsi perché non erano riusciti a disegnare ciò che volevano nel modo in cui volevano. La mente comanda ma la mano non risponde. Il risultato è una bella dose di frustrazione. In questo caso il “fanciullo” non è libero: è prigioniero della propria incapacità. Incapacità assolutamente naturale in uno stadio precoce della vita. Le abilità motorie vengono affinate con l’esercizio. Nelle scuole Montessori ai bambini vengono proposte, prima del disegno libero, attività di vita pratica ed esercizi volti ad affinare le loro capacità in tal senso:

«Bisogna dare un occhio che veda, una mano che obbedisca, un’anima che mediti,

per dare il disegno: e in ciò deve concorrere tutta la vita.

Ecco perché è con la vita stessa che ci si prepara al disegno»

                                                                                                     Maria Montessori

Lo scopo dell’educazione è, secondo la Montessori, quello di formare l’individuo libero, capace di vedere il vero nelle forme, nei colori, nelle proporzioni. Che possieda il controllo dei movimenti della propria mano.

“L’ispirazione poi è cosa individuale e ciascuno,

quando possiede quegli elementi formativi, può darvi espressione”.

Per essere autonomo, per essere “libero”, il bambino (ma anche l’adulto!) deve possedere la padronanza delle proprie capacità fisiche e mentali. Solo a quel punto potrà concepire e attuare soluzioni originali e innovative.

Queste sono le riflessioni che mi sono venute in mente quando mi hanno parlato di “Ci penso io” il percorso didattico promosso da BAMA nelle scuole primarie per incoraggiare i bambini a risolvere con creatività e senso pratico i piccoli e grandi problemi della vita di tutti i giorni.

Si tratta di fornire ai bambini, attraverso un lavoro di gruppo svolto in classe, gli strumenti necessari per sviluppare la capacità di problem-solving. I kit didattici verranno distribuiti in  mille classi italiane (in Toscana, Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria e Lazio). I cinque migliori progetti vinceranno un buono acquisto da spendere in materiale didattico.

Testimonial della campagna è “Io“, un simpatico robottino che viene dal futuro, e il cui motto è – appunto – “Ci penso io“. Un invito ad affrontare con serenità e responsabilità i piccoli problemi che talvolta si presentano in famiglia: un lavoro spesso non facile, ma che può trasformarsi in una grande opportunità di crescita tanto per i figli quanto per i genitori.