4 chiavi per aumentare l’autostima

Quello dell’autostima è un tema più che mai attuale, e non solo a livello individuale. Nel 1990 il governatore della California ne fece addirittura un affare di stato, creando una task force il cui scopo era proprio quello di migliorare l’autostima dei suoi abitanti. La scarsa autostima era considerata, infatti, “un problema individuale e sociale che affligge lo stato e la nazione”. L’autostima in effetti influenza fortemente il nostro stato psicologico. Una persona che si sente competente, apprezzata, all’altezza, vivrà in uno stato di benessere emotivo relativamente stabile. Una persona che invece dubita del proprio valore avrà maggiore tendenza ad essere triste, scoraggiata, depressa. Di fronte alle avversità, dopo un primo momento di normale sconforto, la prima reagirà con coraggio, fiducia e determinazione. La seconda tenderà a lasciarsi abbattere.

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Cos’è l’autostima?

William James definiva l’autostima come il rapporto tra i nostri successi e le nostre aspettative, il valore che diamo a noi stessi in base alla nostra capacità di raggiungere i nostri obiettivi.

Eppure non sempre ai buoni risultati corrisponde una buona autostima. Come non sempre una persona fisicamente gradevole si troverà bella o una persona competente avrà fiducia nelle proprie capacità. Cosa ci impedisce di essere obiettivi nell’auto-valutarci? A volte può essere per via del confronto con gli altri: uno studente con buoni risultati costantemente paragonato al fratello che ottiene risultati migliori potrebbe sviluppare una scarsa autostima per via del confronto con quest’ultimo che, a sua volta, acquisirà sempre maggiore fiducia in sé, in questo e in altri ambiti, grazie alla continua approvazione dimostrata dai genitori.

La costruzione dell’autostima

Un bambino che sa di essere amato indipendentemente dai propri risultati (scolastici, sportivi, sociali…) svilupperà un’autostima più solida rispetto a quello che pensa di dover competere con fratelli e compagni di classe per ottenere l’approvazione dei genitori. Da adulti saranno lo status sociale, i successi professionali, le abilità fisiche a fungere da amplificatore o a distruggere l’autostima.

Maggiore è il livello di autostima, più si è “impermeabili” al confronto e al giudizio degli altri. Se invece l’autostima è fragile, ne verrà ulteriormente fragilizzata. 

In un esperimento condotto nel 1970 due ricercatori* proposero a dei giovani in cerca di lavoro di effettuare un test che comprendeva alcune domande volte a valutare l’autostima dei candidati. Nella stanza erano presenti altre persone, complici dei ricercatori, che i candidati credevano concorrenti. Quando il concorrente era di bell’aspetto e dall’aria competente, le risposte del candidato indicavano una bassa autostima. I soggetti affiancati a concorrenti dall’aspetto trasandato e disordinato dimostravano invece una maggiore fiducia in sé.

L’autostima dipende quindi non solo sa ciò che pensiamo di noi stessi, ma anche da ciò che crediamo che gli altri pensino di noi. Nel lavorare sulla propria autostima è importante individuare quale di questi aspetti necessita di maggiore attenzione.

Bisogna inoltre comprendere se si tratta di un problema di percezione generale (ritengo di essere una buona o una cattiva persona) o se la problematica è legata ad un ambito in particolare: ci sono contesti diversi in cui il livello di autostima può variare e che si evolvono nel corso della vita e assumono un’importanza più o meno grande in periodi diversi: professionale, sociale, amoroso, ecc. Anche in questo caso, se il campo in cui l’autostima è bassa è specifico, sarà bene concentrarsi su questo: la mia carriera è un successo o no? Sono competente o no? Aspetto fisico: piaccio o no? So gestire le relazioni o no?

Ci sono persone che hanno una buona autostima, ad esempio, per quanto riguarda il proprio aspetto fisico ma non riguardo alle proprie competenze in ambito intellettuale, o viceversa. Persone sicure di sé in ambito lavorativo e assolutamente sprovviste di fiducia in sé per quanto riguarda le relazioni sociali o amorose.

Autostima e azione

Una persona con una buona autostima prenderà più facilmente delle decisioni e le metterà in atto. Avrà inoltre maggiore predisposizione ad impegnarsi in progetti a lungo termine come studiare per ottenere un diploma o una promozione, fare sport per migliorare il proprio fisico, seguire una dieta se desidera perdere peso. Quando l’autostima è bassa si tende a mollare, a credere di non farcela, a procrastinare.

L’autostima va a braccetto con l’ottimismo mentre la mancanza di autostima ci rende pessimisti e negativi. Non solo: chi ha una buona autostima attribuirà eventuali insuccessi a fattori esterni (ho avuto sfortuna, non era il momento giusto, eccetera), mentre chi ne è sprovvisto li attribuirà al proprio scarso valore. Non è difficile intuire quale dei due tenterà nuovamente laddove ha fallito in precedenza.

Perché lavorare sull’autostima? 

Per far pace con se stessi, per liberarsi dal bisogno di approvazione, per diventare più ottimisti, più aperti, più determinati, per smettere di procrastinare. Per migliorare il proprio equilibrio psichico. Perché se l’autostima è buona si autoalimenta: una persona con una buona autostima avrà tendenza a notare le proprie qualità e i risultati ottenuti.

Se l’autostima è bassa si auto-distrugge: una persona con una bassa autostima si concentrerà sui propri limiti, difetti, fallimenti.

Un’autostima solida rimane stabile nel tempo e nonostante le difficoltà. Un’autostima fragile è minacciata ulteriormente dagli stati emotivi e dalla nostra reazione agli eventi esterni.

Come migliorare la propria autostima?

Auto-osservazione

Innanzitutto sarà bene riflettere su come si è creata l’immagine di sé durante la propria infanzia. Molti di noi hanno già ben chiari i meccanismi che hanno contribuito a consolidare o a distruggere la propria autostima. In casi più complessi potrebbe essere d’aiuto rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

Sei sempre libero di cambiare idea e di scegliere un avvenire diverso, o un diverso passato.” scrive Richard Bach nel suo libro “Illusioni – Le avventure di un messia riluttante“.

Come dici? Non si può cambiare il passato? Ma certo che si può, lo facciamo continuamente!

I nostri ricordi possono essere estremamente fedeli alla realtà ma sono anche inevitabilmente condizionati da interpretazioni, stati d’animo (presenti e passati), racconti di altre persone, immagini apparse in sogno e mescolatesi con il ricordo originale, eccetera. Ogni volta che ricordiamo un evento passato ne creiamo una nuova rappresentazione mentale. In ogni tuo ricordo esiste, come minimo: la tua interpretazione nel momento in cui l’hai vissuta, eventuali rielaborazioni consce o inconsce, la tua interpretazione odierna, l’influenza di eventuali persone a cui l’hai raccontata e il loro punto di vista, e chissà quanto altro…

Immagina di fare un viaggio durante il quale tutto va storto. Al rientro racconterai la tua esperienza con una certa dose di stress: è stato un incubo! Dieci anni dopo, potrebbe essere una storiella divertente che racconti volentieri e trasformarsi in un ricordo piacevole o in un ricordo che crea piacere e divertimento.

Lo stesso può avvenire con le difficoltà attraversate durante l’infanzia o più in generale in passato: in base a come “te lo racconti” di volta in volta, il tuo ricordo cambierà. Impercettibilmente ma inevitabilmente. Dopo tanti anni potrai pensare che la tua vita è un fallimento perché i tuoi genitori non credevano in te, oppure che il fatto di dover continuamente dimostrare il tuo valore ha forgiato il tuo carattere, rinforzandolo e permettendoti di diventare una persona migliore.

È proprio questo lo scopo dell’ipnosi regressiva, che io vedo non come un viaggio nel tempo o nelle vite precedenti (non credo a questo tipo di esperienza) ma come un viaggio nella mente, utile a “riprogrammarla”.

Auto-valutazione

È necessario valutare in modo obiettivo le proprie aspettative e i propri risultati: chi ha un’autostima solida tenderà a concentrarsi sui traguardi raggiunti, alimentandola ulteriormente con la soddisfazione che ne deriva. Al contrario, chi ha una bassa autostima tenderà a focalizzarsi sui fallimenti, confermando e peggiorando ulteriormente il giudizio negativo su di sé. Si tratta, in questo caso, di un circolo vizioso che è necessario interrompere.

Attivazione

Come abbiamo visto sopra, le persone con una buona autostima tendono ad essere attive mentre quelle che hanno poca fiducia in sé saranno titubanti ed eviteranno il più possibile di mettersi in situazioni che potrebbero provocare ulteriori delusioni. Il meccanismo funziona anche nel senso opposto: trovando la spinta iniziale per affrontare situazioni che ci spaventano potremo scoprire che il traguardo era effettivamente accessibile, oppure che siamo in grado di gestire la situazione, anche nel caso questa non dovesse andare come speravamo.

Ricordi la famosa frase di Edison?

“Non ho fallito duemila volte nel creare la lampadina, ho scoperto millenovecentonovantanove modi in cui non va fatta una lampadina.”

Invece di sentirsi un incapace o un illuso ad ogni tentativo fallito, Edison si sentiva ogni volta di un passo più vicino al suo obiettivo. Un approccio del genere rinforza, invece di minare, l’autostima.

Ma come riuscire a ragionare in questo modo quando la nostra autostima è bassa? Per riuscirvi, sarà bene prevedere in anticipo i possibili esiti e prepararsi ad un’interpretazione positiva degli stessi.

Confronto con le proprie paure

“Devi fare tutto quello che ti spaventa. Tutto. Non parlo di cose che mettono a rischio la tua vita, ma tutto il resto. Pensa alla paura, decidi subito come affronterai la paura, perché la paura sarà il problema più importante della tua vita, te l’assicuro. La paura sarà il motore di ogni tuo successo, la radice di tutti i tuoi fallimenti, e il dilemma di tutte le storie che ti racconterai su te stesso. E qual è l’unica possibilità che hai di battere la paura? Seguirla. Andarle dietro. Non considerare la paura come il cattivo della storia. Pensala come la tua guida, il tuo pioniere… “

Questo è il consiglio che la madre di JR Moehringer diede a suo figlio e che lui riporta nel suo meraviglioso libro “Il bar delle grandi speranze“. Immagina il coraggio come un muscolo che si rinforza ogni volta che affronti una delle tue paure. E immagina la soddisfazione (che è il miglior nutrimento possibile per l’autostima) dell’aver avuto il coraggio di affrontare ciò che ti spaventa.

Ma dove lo trovi, il coraggio, se è una qualità che ti manca? È come chiedere dove trovi i muscoli forti. Li trovi nello sforzo, nell’effettuare un esercizio che ancora non è alla tua portata ma che lo diventerà proprio per il fatto che ti ci stai misurando.

A partire dal mese di febbraio il tema del mio videocorso “Impara l’autoipnosi” sarà proprio l’autostima. Analizzeremo insieme i punti elencati qui sopra e le strategie per migliorare le fiducia in sé, mobilitando per l’occasione anche la nostra parte inconscia, che spesso funge da sabotatore, per farne invece un prezioso alleato. Esploreremo i limiti costituiti durante l’infanzia o in seguito ad esperienze spiacevoli e lavoreremo sulla percezione del passato per migliorare il nostro futuro.

Scopri il videocorso

* Stan Morse e Kenneth Gergen, « Social comparison, self-consistency, and the concept of self », Journal of Personality and Social Psychology, vol. XVI, n° 1, settembre 1970

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