4 buoni motivi per andare in campeggio

Proprio mentre preparo una sorpresa per i ragazzi, che hanno sempre desiderato provare il camper, mi è capitato di leggere un bell’articolo sul sito francese philomag.com che elenca alcune ragioni “filosofiche” per le quali siamo attratti dal campeggio:

Per vivere in mezzo alla natura, come Henry David Thoreau

Con i suoi due anni e due mesi vissuti in una capanna presso lo stagno di Walden (Massachussets), Henry David Thoureau fu tra i pionieri del campeggio ecologico. Vivere in armonia con la natura permette di capirla, di scoprirne i ritmi, di osservarne le creature, dalla formica allo scoiattolo. Adepto del confort spartano, amante della tranquillità, Thoureau accolse nella sua capanna viaggiatori di passaggio come un taglialegna francese o il suo amico poeta William Ellery Channing. Vivere in mezzo alla natura non significa rifuggire gli uomini ma arricchirsi di esperienze che renderanno la loro compagnia più gradevole.

Ho vissuto la mia fase “Walden” quando ho deciso di lasciare la mia città per trasferirmi in campagna. Per due anni abbiamo vissuto in una casetta in mezzo ai boschi, e da ex cittadina ho scoperto le meraviglie della natura osservandola da vicino insieme ai miei figli. Il mio sguardo era meravigliato quanto il loro di fronte ad una pozzanghera ghiacciata, alla ghiandaia che veniva a farci visita ogni mattina, o agli alberi da frutto che, in primavera, abbiamo scoperto di avere in giardino. Sono stati due anni meravigliosi. Poi, da bravi nomadi, abbiamo deciso di muoverci ancora. Verso sud, perché a me mancava il sole. Anche qui, dove ci siamo stabiliti da ormai nove anni, viviamo in campagna, ma il contesto è molto diverso. Facciamo più vita di paese, e devo dire che anche questa, per me che ho vissuto a Torino, Londra e Nizza, è stata un’esperienza nuova ed interessante. Chissà, magari più avanti cederò nuovamente al richiamo della città!

Letture consigliate: Walden. Vita nel bosco, di Thoureau (anche in questa splendida versione per bambini)

Per imparare esplorando, come John Dewey

Il campeggio ha anche un valore pedagogico. Andare in campeggio con i bambini, come fanno gli scout, è uno dei punti cardine della filosofia di John Dewey. Secondo l’autore di “Esperienza e natura” , è importante favorire le attività all’aria aperta, perché risvegliano l’animo grazie alla voglia di esplorare: attraversare un fosso, cercare legna per il fuoco, costruire una capanna, raccogliere bacche… sono tutte esperienze cha favoriscono il senso dell’osservazione, l’ingegno, la cooperazione. Il campeggio permette di imparare dalla natura. Economico e per questo accessibile ai più, ha anche una forte componente democratica.

Questo passaggio mi ricorda un bellissimo post di una delle mie blogger preferite che avevo riproposto qui sul blog tanti anni fa: Free Range Academy – La natura come scuola. Da mamma homeschooler, raccontava come la natura sia stata, quando era bambina, la sua maestra.

Leggi anche: La scuola nel bosco. Pedagogia, didattica e natura.

Per trovare i propri simili, come Pierre Bourdieu

Il campeggiatore non si accontenta di viaggiare con la sua casa, come una tartaruga. Ama sistemarla in un luogo piacevole, in mezzo a persone che gli sono affini e che hanno il suo stesso ideale di vacanza. Ritrovarsi anno dopo anno nello stesso campeggio ha qualcosa di rassicurante: l’aperitivo, il barbecue, la partita a bocce, tutti rituali che corrispondono a ciò che Pierre Bourdieu definisce habitus sociale. Lo stile di vita del campeggiatore non si riduce al periodo delle vacanze ma viene rievocato regolarmente durante l’anno dai racconti dei protagonisti e dalle fotografie che Bourdieu, autore di “Un’arte media. Saggio sugli usi sociali della fotografia”, definisce come un mezzo per prolungare l’esperienza e un integratore sociale.

Noi non siamo campeggiatori abituali ma penso che ci adatteremo senza problemi, e magari lo diventeremo!

Per sperimentare un’utopia egualitaria, come Gerald Allan Cohen

Andare in comune significa vivere davvero insieme, a strettissimo contatto, in un clima positivo: quello delle vacanze. Questo favorisce un egualitarismo spontaneo: ciascuno si orienta spontaneamente sugli interessi comuni. Nel suo libro “Socialismo, perché no?” Cohen lo trasforma addirittura in un laboratorio politico. Osserva infatti che, in campeggio, prevale spontaneamente un’organizzazione di stampo socialista, anche tra coloro che in altri contesti sono piuttosto di altro orientamento. L’autore ne deduce che l’individualismo non è frutto del caso ma del nostro modo di vivere. Il campeggio potrebbe servire come modello per rinnovare le regole del vivere insieme.

Quest’ultimo paragrafo mi fa ben sperare per il mio imminente viaggio in camper con tre figli di cui due adolescenti che un giorno si amano e il giorno dopo si detestano. Speriamo che la stretta vicinanza stimoli la cooperazione e non il fastidio reciproco.

Cosa ne pensi? Vai in campeggio? Ti piacerebbe? Quali tra queste quattro ragioni ti spingono maggiormente? Ce ne sono altre che ti fanno amare questa modalità di viaggio?

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