Quando un’Etichetta ci Impedisce di Cambiare

È più forte di noi. Abbiamo bisogno di classificare ed etichettare tutto il possibile: persino noi stessi e i nostri comportamenti. Queste etichette ci limitano e ci impediscono di raggiungere alcuni dei nostri obiettivi. 

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Un esempio? Personalmente trovo ingiusto che noi umani mangiamo gli animali. Ho sempre detto a me stessa che prima o poi sarei diventata vegetariana, e ho fatto diversi tentativi in questo senso, tutti falliti. A volte ho ceduto per golosità; altre per mancanza di immaginazione riguardo alle alternative, altre ancora per cortesia, quando ero ospite e mi venivano proposti piatti a base di carne.  Dopo aver “sgarrato”, sono tornata al mio stile alimentare di sempre. Ma perché?

La trappola delle etichette

Perché dopo aver mangiato l’arrosto di mia zia, l’hamburger con i ragazzi, o un veloce piatto di bresaola quando ero da sola a casa, non potevo avvalermi dell’etichetta di “vegetariana“. Se non ero vegetariana, tanto valeva ricominciare a mangiare senza rifletterci troppo. Il fatto di rientrare o meno in una categoria ha fatto sì che io rinunciassi a quello che era uno dei miei obiettivi.

Conosco tante persone che cadono in questa trappola. C’è chi abbandona la dieta dopo una bella abbuffata, perché dopo aver mangiato tanto non può più dire di “essere a dieta”. Chi riprende a fumare dopo aver sgarrato una volta, perché dopo aver infranto il suo “record” considera la sfida come persa. O chi smette di fare attività fisica perché, dopo aver messo su qualche chilo, non corrisponde all’immagine che, nella sua mente, rappresenta la “persona sportiva”.

Gli esempi sono tanti, e in tutti questi casi il fatto di non rientrare in una determinata categoria, di non poter applicare a se stessi un’etichetta (sì, proprio quella cosa che rifiutiamo energicamente quando sono gli altri ad affibbiarcela!) fa apparire la propria ricerca come un fallimento.

Ho mangiato una bistecca ieri sera? Inutile, oggi, scegliere un piatto vegetariano al ristorante… tanto non sono una vegetariana

Con questo atteggiamento dimentichiamo che le conquiste possono essere fatte un passo alla volta e che si può, ad esempio, ridurre sensibilmente il consumo di alimenti di origine animale anche senza diventare (subito, o forse mai) “vegetariani”. Forse è anche una questione di ego: se non posso fregiarmi dell’etichetta di vegetariano, non fumatore, sportivo, a che servono queste rinunce?

Servono ad andare nella direzione giusta. Non tutto è perduto perché si è sgarrato una, due, o più volte. Basta rinunciare al desiderio di dare un nome a ciò che stiamo facendo. Possiamo dire semplicemente: «Ho ridotto moltissimo il consumo di alimenti di origine animale», «A volte mi capita di fumare una sigaretta»; «Ogni tanto vado a correre».

A ciascuno la sua battaglia

Ciascuno, nella vita, ha le proprie battaglie. C’è chi ha a cuore più di tutto il destino degli animali, chi la propria forma fisica, chi la ricerca di una cura per il cancro. Quando la battaglia è per noi essenziale, in genere troviamo la forza per combatterla fino in fondo. Ma poi ci sono anche tanti altri obiettivi che vorremmo raggiungere e che ci neghiamo perché vediamo tutto bianco o tutto nero. Se non sono vegetariana non faccio più attenzione al mio consumo di carne. Se fumo ogni tanto sono un fumatore; se sono un fumatore tanto vale fumare ogni giorno. Se non riesco ad andare a correre tutte le mattine non sono uno sportivo: farei meglio a starmene a casa sul divano.

Se usciamo da questo bisogno di etichettare i nostri comportamenti, saremo più liberi e potremo contribuire attivamente a sostenere le cause che ci stanno a cuore anche se non siamo stoici quanto vorremmo. Una bistecca in meno fa bene al corpo, all’ambiente e agli animali che verrebbero risparmiati se tutti agissero allo stesso modo. Un fumatore occasionale sarà più sano di uno regolare. Se accettiamo di non essere perfetti, troveremo la forza di alzarci dal divano: una corsetta ogni tanto è sempre meglio di una vita sedentaria al cento per cento.

La tua esperienza

Ci avevi mai pensato? Ti è successo di lasciar perdere completamente una cosa perché non riuscivi a farla al 100%? Di identificarti con quello che avevi deciso di fare al punto che, dopo il primo sgarro, la ricerca non ti sembrava più sensata? Cosa pensi di questa mia riflessione?