I GIOCATTOLI WALDORF

Da quando mi sono avvicinata alla pedagogia steineriana, la “sala giochi” dei miei figli è cambiata completamente. E cosi’ il loro modo di giocare, e anche il mio modo di giocare con loro.

Prima ero la loro schiava. Volevo dare loro il meglio, e quindi ero sempre disponibile per giocare con loro. Risultato: ovviamente loro non mi mollavano mai. Quindi io non avevo un attimo per me, e loro dipendevano da me. Se io non giocavo con loro, erano persi e non sapevano cosa fare. Nel dubbio, optavano spesso e volentieri per i capricci.

Il bello è che questo processo è assolutamente reversibile. Almeno per me lo è stato, forse anche grazie alla tenera età dei miei figli (2 e 4 anni all’epoca). Sono partita per la montagna, da sola con i bambini, per un mese, con “Educare alla libertà” e un paio di libri di Steiner. Leggerli è stato meraviglioso. Questi libri non mi hanno “convertita” o “convinta” ma rassicurata. Il 99% erano cose che pensavo da sempre, ma che, sentendomi una “mosca bianca” non osavo esprimere. Figuriamoci metterle in pratica. Ho approfittato del fatto di aver cambiato ambiente, nonché del fatto di essere sola, senza JM a contraddirmi, per fare un esperimento.

Ho eliminato la TV, dicendo semplicemente che quella che si trovava nell’appartamento non funzionava. Non me l’hanno reclamata in tutto il mese. Non solo, non l’ho guardata neanche io dopo averli messi a letto, nemmeno una volta. Ho portato con me pochi giochi semplici (le loro bambole, costruzioni, trenino e qualche altro giocattolo in legno). Ho avuto occasione di vedere i miei figli correre liberi nei prati (come pensate che mi sia venuto in mente il titolo “la casa nella prateria”? Ricordate la sigla?), saltare, rotolarsi nell’erba, raccogliere fiori, sassolini e pigne e custodirli come tesori.

Nei giorni di pioggia quei pochi giochi semplici in genere ci bastavano. E se non bastavano, potevamo disegnare quel che ci mancava, ritagliarlo e via. Ho cercato di farmi un po’ “da parte”, nel senso di intervenire sempre meno nel processo creativo del gioco. Non ci sono volute neanche 24 ore per vedere i risultati. Ovviamente all’inizio si rivolgevano a me, ma dal momento in cui mi sono resa meno disponibile (meno “tappetino”) ma comunque presente, hanno dato libero sfogo alla loro immaginazione, e non hanno mai più smesso. Tornando a casa ho deciso che, prima di tutto, volevo assolutamente che i miei figli continuassero a correre liberi nei prati sempre, e non solo un mese all’anno. E poi che alcuni giocattoli, di quelli che “giocano da soli”, facendo del bambino un semplice spettatore passivo, non sarebbero più entrati in casa mia.

Ho anche deciso che vivere senza TV era un’ottima idea. Purtroppo pero’ a casa c’era JM con il suo nuovo schermo al plasma gigante, pronto a giurare che alcuni cartoni animati facevano parte dei migliori ricordi della sua infanzia. Abbiamo quindi pattuito che i bambini avrebbero potuto guardare un DVD, selezionato con miei severissimi criteri, (niente gormiti ma neanche bambi e cenerentola – vedi “Bambi, capolavoro dell’horror”). Permettendoci cosi’, tra l’altro, opportunisticamente, di prenderci una piccola “pausa”.

In seguito ci siamo trasferiti in campagna, in questa casa che abbiamo messo su “a nostra immagine e somiglianza”. Purtroppo non abbiamo più la “sala giochi”, ma credo che ai bambini la cosa non dispiaccia più di tanto, anzi… visto che ora hanno a disposizione, oltre alla loro stanza, nella quale giocano volentieri, il salotto, che è il “fulcro” della casa. Essendo i giochi pochi e semplici, il salotto non somiglia a un campo di battaglia, e questo non è male. Tra l’altro, abbiamo eliminato – che liberazione! – quelle orribili, enormi “ceste dei giocattoli” dove si butta dentro di tutto, non si trova mai niente e che fanno impazzire bambini e genitori. Ma veniamo al vero argomento di questo post: i giocattoli waldorf.  Ecco una tipica “stanza dei giochi” steineriana (testo ed immagini tratte dal blog “Free Range Kids“, per gentile concessione dell’autrice:

“L’idea di base è che i giocattoli dovrebbero essere semplici, (relativamente) pochi, in materiali naturali, fatti a mano se possibile, e con un “finale aperto”, che significa questo: il gioco dovrebbe stimolare l’immaginazione – il bambino puo’ “completarlo” usando la propria mente.

Un esempio significativo sono i teli da gioco. Quadrati o rettangoli di seta colorata di misure diverse, diventano vestiti per le bambole, abiti, mantelli, cappelli, travestimenti, bandiere, fiumi, montagne… S. ne ha messo uno bianco dentro ad un secchio un giorno e poi mi ha detto, tutta soddisfatta, di aver finito di mungere la sua mucca.

[…]

Questi sono pezzi di legno, belli e rustici, tagliati e levigati a dovere, in modo da poter essere impilati con precisione. Tutti gli input sensoriali dei materiali veri e naturali, con in più la sicurezza tipica delle porcherie moderne.

[…]

Ovviamente non potevano mancare marionette, burattini, marionette da dito… e un sacco di storie da raccontare” (e da inventare).

E come non parlare delle bambole Waldorf… (quelle nelle foto sono le mie).

Queste strane bambole costano care e molti non vedono l’interesse di spendere 100-150 euro per una bambola “imperfetta” quando ci sono meravigliosi esemplari, parlanti, piangenti, facenti pipi’ e anatomicamente perfetti che costano meno della metà.

“Il fatto che la bambola sia semplice, morbida e abbia, al posto degli occhi e della bocca, solo due puntini, dà al bambino la libertà di concretizzare la sua fisionomia vaga in una rappresentazione personale […] inoltre la bambola di stoffa è in grado di modificare, agli occhi del bambino, la sua espressione a seconda dello stato d’animo”. “Da “Bambini e Bambole”, Karin Neuschutz

Abbiamo passato la fase dei mucchi di giocattoli di plastica; poi siamo entrati in una nuova era: meno giocattoli, ma di migliore qualità, e fatti con materiali naturali. Gli specialisti Waldorf con i quali abbiamo parlato ci hanno assicurato che i nostri piccoli monelli avrebbero trattato queste bambole come esseri umani. Avevamo i nostri dubbi, ma… è proprio vero!

[…] Ci sembra evidente che i bambini sono sensibili alla qualità di queste bambole, realizzate con molta cura da esseri umani. Inizialmente, nella mia ignoranza, non apprezzavo molto questo tipo di bambola, con i suoi tratti primitivi. Ma il fatto che i lineamenti siano rudimentali è il frutto di una scelta precisa, perché il bambino possa attribuire loro qualsiasi emozione. Sono imbottite con lana di pecora, che si scalda tra le braccia del bambino, dando la sensazione di una bambola “viva”.[…]

 

Le prime due bambole che ho fatto per Leonardo e Gloria da autodidatta, prima del corso alla scuola steineriana, sono decisamente bruttine (vedi quella al centro nella foto). Sia a causa della mia inesperienza, sia per mancanza delle materie prime adatte (ad esempio la maglina di cotone – usata per la pelle – che si trova in Italia non è un granché). Ma i miei figli le hanno subito adottate, preferendole a qualsiasi altro gioco, e portandosele a letto, loro che non lo avevano mai fatto con nessun’altra bambola o pupazzo.

Qualcuno trova strano che un bambino (maschio) giochi con le bambole. Mi sono sentita dire che questo potrebbe “influenzare” la futura identità sessuale di mio figlio.

Vorrei rassicurare chi la pensa in questo modo: i bambini, fino all’età di sette anni, imitano gli adulti che hanno intorno. Un bambino, maschio o femmina che sia, che passa la maggior parte del tempo con la mamma, giocherà a passare l’aspirapolvere, a cucinare, a stirare. A meno che non gli si dia una pistola giocattolo e lo si piazzi davanti alla TV per permettergli di sipirarsi a modelli più “virili”.

Un bambino che vede la sua mamma accudire la sorellina (o il fratellino) giocherà a cambiare la bambola. Mio figlio ha avuto la fortuna di vedere anche suo padre occuparsi tanto di lui quanto di sua sorella, ed è proprio con lui che si identifica. Quando mette a letto il suo bambolotto, questo gli risponde “buonanotte papà”, e non “buonanotte mamma”. Leonardo sa di essere un maschio, ma sa anche che un uomo puo’ occuparsi dei suoi figli senza per questo essere meno uomo, anzi.

Sono sicura che, un giorno, sarà un ottimo papà.

 

Ti interessa il tema della genitorialità consapevole?

Mindfulness per genitori